PIRANDELLO

I primi appunti per la Sagra del Signore della Nave

Attori, musicisti, cantanti daranno vita al momento creativo, all'evento teatrale a stretto contatto con il pubblico. Movimenti d'insieme, dinamiche di gruppo. Animare lo spazio che sembra intangibile è affascinante. Un uso non artificioso, sostanzialmente "vero" delle strutture esistenti. Lo sfruttamento teatrale di queste con i personaggi che le intersecano. Luoghi scenici mutabili con pedane e praticabili. 
La grande processione finale, un prete e un Cristo espressionista. Urla, ombre, lampi. Uso dei diversi suoni del dialetto siciliano, risa sguaiate ma anche la sottigliezza isolata di un delicato suono di mandolino contro l'urlo di insieme dei 130 elementi dello spettacolo al momento del sacrificio del maiale Nicola. Palpita la sacralità del pagano attraversata di religione mistica e di raziocinio laico. E ancora momenti di "assolo" in un bisbiglio straziante ma contenuto e amaro, con l'attenzione all'uso della parola in lingua, dei personaggi torturati dagli interrogativi pirandelliani. In un primo momento itinerante, all'esterno dello spazio recitativo, il pubblico tra bancarelle, venditori di ogni mercanzia, cuntastorie; serenate, banditori e popolani, sarà "nella" Sagra intesa come ricostruzione di quella popolare ma anche come svolgimento e sviluppo del "tra le quinte" nel testo Pirandelliano. 
Nel secondo momento, nello spazio antistante la cattedrale agrigentina, beghine, miracolati, contadini e signori seduti ai tavoli di una platea-osteria insieme al pubblico, bevono vino a volontà, nell'assoluto annullamento della distanza in senso spaziale tra pubblico e attori; osservati tutti dall'alto dai personaggi pirandelliani non evocati ma "presenti" malgrado il regista (o forse al di là del regista) anche loro per assistere alla sagra, come viva memoria pirandelliana.

La memoria della Sagra necessita oggi di una doppia rivisitazione. Così come l'autore l'ha  trasposta per luogo e linguaggio pensando all'allestimento romano, "spostandola" dagli ulivi di San Nicola al palcoscenico con i suoi silenzi e i suoi riti, i suoi tempi, le sue distanze; così ora bisogna trasportarla dal palcoscenico allo spazio aperto, con adattamenti di spazi, movimenti, scenografie e coreografie ma anche adattamenti di "piani recitativi" mantenendo una lente fissa sullo sgomento dell'umano davanti all'umano. Bisogna tener conto dei rumori, dei movimenti del pubblico, delle sedie, delle automobili, delle campane... e forse, chissà, di qualche pipistrello fedele all'appuntamento Pirandelliano.

Roma, 30 Luglio '96

 

Pirandello vedeva nel teatro un continuo processo dialettico tra l'autore e
il pubblico. Tra l'autore, i suoi personaggi e il pubblico Silvio affida una sorta di supervisione di questo processo a quelle "ombre" a quegli "spiriti" a quei "pensionati della memoria" che "mi vengono appresso" scrive Pirandello; a quegli stessi personaggi che dalla loro vita di condannati escono da una novella e ap prodano al teatro dove prendono corpo, si rendono visibili agli altri, agli spettatori; a quelle anime del Purgatorio che hanno bisogno di confessare, in cui bruciano sentimenti di colpa e che allo scrittore chiedono riscatto. 

"È una vecchia abitudine dare udienza ogni domenica mattina ai personaggi. .. " scrive Pirandello.

Che siano essi ora, qui a dare udienza "per conciliarci nell'arte a noi
stessi?" Spettri che sul palcoscenico sono vivi per pochi istanti e che dal luogo della
loro reincarnazione assisteranno allo spettacolo di Silvio, di Pirandello, del pub-
blico (anonimo mestierante della vita) e di se stessi?

Olga Macaluso
collaboratrice alla regia

Altri appunti

Così come Pirandello tra i festaioli della vera Sagra del Signore della Nave, tra gli ulivi della chiesa normanna di San Nicola, prendeva appunti su ciò che vedeva e sentiva (gli spezzoni di dialoghi divenuti poi, nell'opera teatrale, passaggi fugaci, quasi cinematografici; i gruppi familiari alla Daumier, alla Hogarth) documentando il costume della Sagra stessa, allo stesso modo io oggi visito questa "Sagra" di attori, come quei festaioli, "ubriachi", a volte come "cavalcati", posseduti da personaggi o anzi meglio da ruoli pirandelliani, già repertoriati, che emergono dalla loro memoria. Tracce, impronte (overdub) e che, già lo sento, utilizzerò. Fumi materializzati nel corpo "ubriaco" degli attori-alessici; fumi che si accumulano, che si intasano gonfiando i volti come sanguinacci, per evaporare in battute e citazioni, vuote di significato, cantilene rituali, rutti della memoria "ubriachi" tra gli ubriachi. Dunque nell'accumulazione dell'allestimento nel voluto frastuono di cacofonie, di musiche sguaiate, di clamori di festa includerò la non voluta presenza degli scongiuri, degli ammiccamenti, dell'enfasi, delle lallate latrate: Quell'«ebbro» comportamento degli attori in un sincronizzato traboccare dove "l'eccessivo" dell'attore delirante diventa significante. Il protagonismo impaurilo della presenza di altri protagonismi, soffoca di parole e di gesti affogandosene e sbracciando in quel mare di carta in cui annegherà; mare composto dai fraintesi fogli fluttuanti di copioni pirandelliani (sento già che l'utilizzerò) finché viene miracolato dalla grandezza di papa Luigi il torturatore o chissà del benevolo-sadico regista aguzzino e confessore che ha preso anche lui i suoi appunti (non solo a S. Nicola o allo Odescalchi di Roma ma anche in questa nuova "sagra degli attori" ). Lasciarli! qui la mia invetio (sentivo! che li avrei utilizzati). Entrerò in scena nel mio vero ruolo di regista: fermerò il caos generale. A soggetto: "siamo in piazza, abbiamo "a calia e simenza", la mela rossa cristallina col paletto, ecc... (al pubblico) scusate signori: abbiamo poco, ma abbiamo.... ezzumpapà (a mo' di grancassa)... ezzumpapà ... ecc..." 
Richiamerò con il loro nome gli attori: " Calala! Lillo! Pippo!" che si risveglieranno rompendo il momento teatrale con un'apparente maniera interlocutoria. Li rimprovererò di non essere "in personaggio", ma come risposta non avrò altro che ancora brani pirandelliani. Ordinando questi appunti nella riflessione del mio studio, altri personaggi pirandelliani hanno bussato alla mia porta per partecipare alla Sagra. Apriranno il mio allestimento! Dall'alto della scalinata della cattedrale, assisteranno a tutta la Sagra composte, rigorose, bianche figure. Le presenze-ombre di Donata, di Ersilia, dell'Ignota, di Delia, di Enrico IV, di Romeo. Apriranno e chiuderanno il mio allestimento, in un concertato di fluenza sonora, di trasparenza palpitante, di pathos Tutto in un'alternanza stridente con la sorda opacità graffiata, anch'essa palpitante, ma di sangue ingolfato nelle vene. 
Gli "attori ubriachi" incalzanti dal basso in un altro concertato sfrenato e sgraziato. L'informe e la forma, la oxymoron diviene spettacolo. La bellezza delle figure bianche contro l'eruzione ctonia ma non nel nome di Apollo e di Dioniso, ma di un solo dio: Pirandello. 
Ma certo non si possono scatenare le forze magiche, poi liberarle e pretendere infine di riconquistare l'ordine.
Solo l'imponenza della grande campana e l'irrompere del povero Cristo scannato potrà farlo. Anche
allora questi "attori ubriachi" abitanti dal basso si uniranno ai processanti con i loro "mea culpa".
"... E volete una tragedia più tragedia di questa?"

Agrigento 26 Agosto '96
Silvio Benedetto