PARCO NAZIONALE DELLE CINQUE TERRE COMUNE DI RIOMAGGIORE

“SEQUENZA DELLA MEMORIA”

Il fondo del cielo e il fondo del mare

2004-2007

UN’OPERA DI SILVIO BENEDETTO PER GLI ITINERARI ARTISTICI DEL PARCO

QUESTO MURALES POLIMATERICO E’ STATO IDEATO E REALIZZATO, PERSONALMENTE E IN LOCO, DA SILVIO BENEDETTO

CON L’AIUTO DI OLGA MACALUSO E DI SILVIA LOTTI

HANNO COLLABORATO: BRUNO AMMANN, DAVIDE RICCI, SILVIA DI BLASI, MARIANO BENEDETTO,

MASCHA BOM, FLAVIA BENEDETTO, LUISA RACANELLI

HANNO PARTECIPATO INOLTRE NUMEROSE ALTRE PERSONE, AMICHEVOLMENTE E CON DIVERSE MANSIONI

info@silviobenedetto.com                      © Silvio Benedetto by SIAE

NASCITA DELLA FERROVIA E DELLA VIA DELL’AMORE

Risale al 1874 il completamento della linea ferroviaria La Spezia – Genova, primo importantissimo collegamento, alternativo al mare, delle Cinque Terre con i paesi vicini.

L’attuale Via dell’Amore nasce negli anni Venti del secolo scorso in due diversi tratti (lato Manarola prima e lato Riomaggiore poi), stretti sentieri a picco sul mare, scavati nelle ripide pareti di roccia per conservare lontano dal centro abitato l’esplosivo necessario a realizzare due tunnel ferroviari (“La Batternara” che collega Riomaggiore con Manarola, e “Biassa” verso La Spezia). L’opera di volontariato degli abitanti di Riomaggiore e di Manarola ha concorso, infine qualche anno dopo, al congiungimento dei due trattini un unico, suggestivo percorso oggi meta del turismo internazionale.

In seguito, negli anni Cinquanta, all’interno del tunnel “Biassa” lato binari, viene costruito un nuovo muro in cemento a protezione del percorso pedonale. Percorso che nei primi anni del 2000 diventa galleria grazie alla copertura in plexiglas a lastre curve, fissata tramite centine in acciaio.

LA GALLERIA DEI MOSAICI

Su questo lungo muro in cemento oggi Silvio Benedetto, nell’ambito degli Itinerari Artistici che il Parco gli ha affidato, concepisce il suo murales polimaterico “Sequenza della memoria” e lo realizza direttamente sul posto, personalmente (senza delegare bozzetti a ditte specializzate, artigianali o industriali) ed interamente a mano (circa 200 metri di lunghezza, migliaia e migliaia di tessere sagomate e collocate a mano una per una).

“…Al mio primo sopralluogo lo “stato attuale” presentava il nuovo muro in cemento, la sua lucida copertura blu e il vecchio muro della ferrovia, possente nei suoi grandi blocchi di pietra frammisti a mattoni. Su quest’ultimo non ho voluto intervenire per rispettare e salvaguardare la “memoria”, “la testimonianza” di un’architettura ferroviaria rimasta a vista; inoltre quel lungo muro ho voluto considerarlo, data la tipologia e il colore del suo materiale, elemento complementare monocromo, neutro della futura, antistante, vibrante policromia che avrei sviluppato sul parallelo muro dirimpetto”.

Il preesistente ed il nuovo dunque formano un tutt’uno nella creazione dell’artista.

“…Nella scelta della composizione (forma, colori, materiali) ho tenuto conto oltre che di questa zona neutra, rigorosa, semplice, opaca, di riposo (come una pausa in musica -sempre espressivamente significativa- che non è mai un’interruzione), anche della lucentezza riflettente della volta in plexiglas e in acciaio; nonché del suo colore squillante, soprattutto per l’utilizzo, da me cercato, di alcune maioliche smaltate lucide che ho inserito insieme ad altri innumerevoli materiali misti: pietre, ciottoli, marmi (tra cui il rosso e verde di Levanto), cristalli, specchi, conchiglie, terracotte”.

E’ interessante segnalare che, cosi' come in un'orchestra sinfonica i diversi strumenti concorrono a creare un’unica sinfonia, l'autore sviluppa lungo tutta la parete una sorta di “ storia del mosaico” utilizzando tutte le tecniche dalle piu' minute, classiche e controllate a quelle piu' azzardate, gestuali e materiche dell'arte moderna. Il risultato è un insieme coerente e innovativo che si configura come un nuovo punto di arrivo nella storia di questa tecnica.

“Nell’imbocco del lato della stazione, tenendo conto del suo contesto naturale (la montagna e lo scoglio, il mare e il cielo), ho privilegiato l’impiego di piccole rocce, pietre e marmi grezzi”.

Dal lato del paese, dove le botteghe e le case si animano di una certa aria turistica variopinta, di souvenirs, ho ‘giocato' (invitando anche tanti altri amici artisti) applicando sul muro del portico soggetti qui volutamente espliciti, fiabeschi, popolari, dipinti su una miriade di ‘tasselli’ in terracotta 10x10, come una raccolta infantile di figurine: è così nata la ‘Parete delle maioliche’ che chiude (o, volendo, introduce) questa nostra avventura del murales polimaterico”.

LA POETICA

Non è nuovo, Benedetto, ad una immediata e sensibile ricettività, ad una facilità nel captare immediatamente, e sempre a tradurre artisticamente gli eventi; come non è nuovo il suo impegno, le sue testimonianze e atti di denuncia degli accadimenti ingiusti: dal sopruso e dalla violenza culturale, sociale e di costume insita nelle piccole strutture, ai genocidi mondiali.

Ma non è altrettanto estraneo al ricevere, e dunque restituire, sensazioni provenienti dalla natura, dal cosmo.

"A volte rendo visibile ciò che in me è segreto, a volte le cose mi penetrano per riemergere, a volte esse mi guardano, altre volte guardo ciò che ho realizzato con occhio distaccato: è una sequenza della memoria” dice Silvio Benedetto.

Una sequenza di composizione, forma e colore; una sequenza dinamica dove ogni settore rimanda all’altro, per la percezione visiva di uno spettatore che è in movimento, che transita nei due sensi l’affollata galleria che unisce la stazione ferroviaria al centro del paese.

Una sequenza che Silvio Benedetto definisce “qualcosa che il passante ha percepito e che persiste in lui anche quando si è già allontanato, la sensazione di aver visto ora una cosa ora un’altra; come ci succede quando ci pare di vedere nelle screziature dei marmi, nelle forme delle nuvole in movimento, nelle rocce scoscese ora animali fantastici ora volti e... chissà cos’altro: qui il mare, un gabbiano, una barca, una tempesta c’è e non c’è. Come in un racconto d’ incanto. Dipende da noi, dal capriccio delle forme e dalla rara qualità di eliminare quel ‘che significa’ pigro e immobilizzante delle menti”.

Benedetto dunque parla di una lunga composizione dinamica e di uno spettatore in movimento, ma tuttavia ha cercato e voluto precisi e definiti momenti di sosta dove lo spettatore trova un dichiarato soggetto: la luna, il sole, le stelle, creature del fondo marino.

Una curiosità: la grande, policroma stella marina segna la metà del percorso della galleria.